Note personali
Nel corso degli anni, quando la mia attività professionale era principalmente focalizzata sulla progettazione di collezioni d’abbigliamento, la mia creatività era compressa e indirizzata alla creazione di oggetti che potessero soddisfare le esigenze di tendenza di gusto del momento e rispettasse l’immagine e le caratteristiche stilistiche del committente. Il raggiungimento degli obiettivi, lo ammetto era dato dalla capacità istintiva e forse inconsapevole che ho, di assorbire e assimilare il bello che mi circonda, farlo mio, manipolarlo e adattarlo al progetto di cui mi occupo. Io non sono mai stato un visionario. La mia mente non produce immagini fantastiche, paesaggi irreali o forme dal nulla, ma immagazzina, elabora e trasforma tutto ciò che la vista, l’udito e i sensi percepiscono. Posso rimanere per minuti imbambolato davanti a un giocattolo per vederne nella mente cambiare lentamente forma, dimensione, curve, colore. Lo vedo, si allunga, gli spigoli si smussano, superfici lucide diventano opache e poi ancora lucide, cambia colore e cambia ancora colore, in pochi istanti se non ne ho preso nota scompare. Lo dimentico. Questo mi succede anche con le persone e non poche volte come è naturale, per questo, mi sono trovato a vivere situazioni piuttosto imbarazzanti. Devo vedere e fissare ciò che voglio trasformare per attivare il mio processo creativo e ancora fissarne le trasformazioni per poter realizzare una opera che sia mia. Per una qualsiasi mia creazione, che si tratti di un oggetto di design, un capo d’abbigliamento o di un dipinto, parto sempre da qualcosa di concreto che vedo o posso toccare: un gran numero di pezzetti di una particolare essenza di legno, dei tondini di ferro martellati, il braccio curvo di vetro di un lampadario del settecento trovato in un mercatino dell’usato, la foto di un traliccio dell’alta tensione, la foto di un calendario porno e in rete, la frastornate quantità di immagini acquisibili. Per gli arredi di un ambiente, mi guardo attorno, colgo un elemento che mi stimoli, faccio numerose foto e partendo dell’elemento stesso realizzo i primi rendering che mi serviranno per lo sviluppo dell’intero progetto. Per la realizzazione di ritratti su commissione, solitamente cerco di partire da piccoli video e giocare con i fotogrammi, piuttosto che da fotografie. Non sono capace di disegnare dal vivo.
Nei primi anni della mia attività di stilista viaggiavo molto, era necessario per raccogliere le informazioni necessarie ad aprire la mente, per conoscere le consuetudini il gusto e la cultura dei paesi dove venivano distribuite le collezioni d’abbigliamento che disegnavo. Internet non esisteva ancora o almeno non era ancora così diffusa come la conosciamo oggi: le informazioni andavano cercate, raccolte e fissate nei vari luoghi dove si andava. Era in giro per le strade, nei locali che assimilavo quei segnali necessari a intuire quale sarebbe potuta essere la naturale evoluzione del gusto e la nascita di nuove esigenze del “vestire per apparire”. Anche se durante questi viaggi scattavo un gran numero di foto, raramente tornando in studio a Milano venivano stampate. Le poche che dopo una “distratta” visione venivano selezionate, rimanevano appese su una grande parete per qualche mese in compagnia di ritagli di “riviste di immagine d’avanguardia”, pezzi di tessuto, bozze di disegni per stampa, creazioni materiche realizzate da me o da qualche mia collaboratrice, campioni di bottoni e accessori, carte artigianali acquistate in negozietti di giovani artisti in giro per il mondo, quadratini di tessuto appositamente tinti in studio, che una volta selezionati, sarebbero diventati i campioni della cartella colori della stagione che stavo progettando. Si iniziava a lavorare più di un anno e mezzo prima dell’uscita delle collezioni e quella parete era la sintesi del mondo che sarebbe stato. C’era poco di razionale nell’individuazione degli elementi che avrebbero reso coerente e soprattutto valida la scelta delle forme, dei disegni e dei colori che sarebbero state alla base delle creazioni moda delle varie stagioni, La scelte era principalmente affidata al mio istinto.
Erano periodi di grandissima fatica mentale, dove veramente vivevo raramente il presente, tutto era spostato in avanti sul “quel che potrebbe diventare”. Gli unici momenti miei, erano quando mi sedevo al pianoforte e suonavo, raramente per più di qualche minuto o quando elaboravo in digitale le bozze dei miei quadri che poi spesso in un'unica seduta realizzavo ad olio. Quelli erano veramente momenti miei, in cui non dovevo impegnarmi a interpretare creativamente il gusto di un cliente, di Krizia, Missoni o chissà chi altro e usare i colori “giusti” le forme “giuste” per garantire una riuscita commerciale. E’ vero che soltanto attraverso la capacità di estraniarmi disegnando o dipingendo nudi di donna che riuscivo a pensare e maturare le idee che man mano nascevano per le collezioni o elaborando sempre in digitale e rigorosamente nude le basi che avrei vestito durante la progettazione di quest’ultime, ma quello era come se non facesse parte del lavoro.
Oggi, il tempo è mio e quella che era un attività funzionale al mio equilibrio mentale e al mio diletto è diventata il mio principale mestiere. Dipingo, disegno e costruisco oggetti di design.

Note
Massimo Moavero, designer e artista, è nato a Palermo il 9 luglio 1960, ha frequentato il liceo scientifico G. Galilei e la facoltà di Architettura.
Nell’ottobre del 1982 ha presentato alcune sue opere in occasione della “Prima rassegna della pittura siciliana contemporanea” esponendo con Salvatore Fiume, Renato Guttuso e Giacomo Manzù (allora docente all’Accademia delle Belle Arti di Palermo).
Nell’aprile del 1983 ha partecipato alla mostra “Esperienze d’arte figurativa della Sicilia Occidentale” organizzata dall’Ente Provinciale per il Turismo di Siracusa.
Tra la fine del 1983 e il 1984 ha progettato due negozi d’abbigliamento, curandone la realizzazione della parte decorativa, utilizzando pietre, stucchi, pitture acriliche e sperimentando un nuovo modo di utilizzare il vetro, materiale che tutt’oggi ha un ruolo fondamentale nelle sue creazioni di design.
Agli inizi del 1985 si è trasferito a Milano e ha frequentato un corso di fashion designer presso un rinomato istituto specializzato, pur non interrompendo i suoi studi di architettura.
Dal 1985 al 1987 è entrato a far parte dello staff stilistico di Krizia, in qualità di assistente di Mariuccia Mandelli. Chiuso il rapporto con Krizia ha iniziato la sua attività di consulenza nel campo della moda lavorando con svariati e noti brand tra i quali Missoni, con cui ha instaurato una lunghissima e proficua collaborazione durata circa vent’anni.
Oggi Massimo Moavero prosegue in autonomia la sua attività di designer. Dedito alla creazione artistica, ama sperimentare con le proprie mani l’utilizzo di materiali (ferro, rame, pietre, cemento, vetro), dai quali scaturiscono opere di design uniche, in cui la bellezza artistica si unisce alla fruibilità nel quotidiano.
Alla sua predilezione per l’utilizzo di materiali “caldi” nel design, si affianca, in qualità di pittore, il suo interesse per le infinite sfumature ottenibili dai colori diluiti con l’olio. .